Accorgimenti ed abitudini quotidiane per allontanare il rischio di comparsa del Linfedema
A seconda della fase della malattia nella quale viene attuata, si possono distinguere una prevenzione primaria, una prevenzione secondaria e una prevenzione terziaria.
La prevenzione primaria è volta a ridurre l’incidenza del linfedema e viene applicata a soggetti non ancora colpiti dalla malattia.
Può essere effettuata già dal chirurgo prestando attenzione con l’incisione cutanea al decorso dei vasi linfatici, al corretto posizionamento dei drenaggi ma soprattutto utilizzando procedure sempre meno distruttive, come l’adozione della tecnica del linfonodo sentinella che dovrebbe diminuire i casi di linfedema post-mastectomia.
È prevenzione primaria anche l’individuazione precoce dei pazienti a rischio di sviluppare un linfedema primario, per il suo carattere di ereditarietà familiare (Benda et al.,1996; Benda, 1999), quelli a rischio di sviluppare un linfedema secondario post-chirurgico (Campisi e Boccardo, 1996; 2001; Bourgeois et al., 1998; Cavezzi, 2001; SIL, 2005).
La prevenzione secondaria mira a diagnosticare precocemente una malattia, nella sua fase iniziale, quando è ancora asintomatica, in modo da attuare gli interventi opportuni per evitarne la progressione. In realtà ciò risulta impossibile per una malattia quale il linfedema, in quanto è proprio un sintomo, l’aumento di dimensioni dell’arto, che consente di diagnosticarla.
Nel caso del linfedema la prevenzione secondaria coincide con quella terziaria: si attua quando il linfedema si è già manifestato, è volta a trattarlo il più precocemente possibile, a conservare i risultati ottenuti, a evitare le recidive e la sua evoluzione in senso fibrotico (o ridurne la consistenza), a limitare le complicanze e la disabilità che determina.
La prevenzione, in qualunque sua fase, si basa anzitutto sull’impiego di norme comportamentali e tutti i soggetti a rischio, sia di linfedema primario che secondario, devono ricevere tutte le informazioni necessarie.
Il paziente deve essere istruito su come riconoscere i segni precoci della malattia, sul ruolo importante che hanno le misure preventive, igieniche e alimentari.
Esistono varie norme comportamentali dettate più dal buon senso e dalla prudenza che da dati scientifici; si tratta comunque di norme che sin quando non ne sarà dimostrata l’inutilità è opportuno continuare a osservare.
Esse si basano sul presupposto che il sistema linfatico opera in una condizione di equilibrio precario, per cui ogni condizione che riduca la capacità di trasporto, aumenti il carico linfatico o agisca con entrambi i meccanismi, può alterare il quadro, dando l’avvio a un edema manifesto o al suo peggioramento (Rockson, 2001; Board e Harlow, 2002).
Per l’arto superiore sono da evitare, perché ostacolano il drenaggio, i rilevamenti della pressione arteriosa, anelli e/o bracciali, l’uso di reggiseno con spalline che comportino un’eccessiva pressione sulla regione sovraclaveare; sono da evitare, perché aumentano il carico linfatico, sforzi e/o attività che affatichino il braccio, esporsi a fonti di calore, l’uso di ferri da stiro a vapore per tempi prolungati.
Il ruolo dell’attività fisica nel favorire la comparsa o l’accentuazione di un linfedema è tuttavia oggetto di revisione (Lane et al., 2005).
Studi condotti su donne mastectomizzate, sottoposte a un programma di esercizi, non hanno, infatti, riscontrato una variazioni di volume sia in quelle con linfedema che in quelle senza linfedema (Harris e Niesen-Vertommen, 2000; McKenzie, Kaida, 2003).
Ciò nonostante non essendo noto il limite di sforzo fisico individuale che può essere tollerato, è opportuno continuare a usare cautela nell’uso dell’arto.
Altra buona norma è, durante la notte, mantenerlo possibilmente sollevato, e indossare il tutore elastocontenitivo durante i viaggi aerei e in tutte le condizioni a rischio.
Per l’arto inferiore è consigliato il cammino ma non la corsa, l‘uso della bicicletta, così come il rimanere fermi a lungo in stazione eretta.
Altrettanto da evitare sono la posizione seduta prolungata e l’accavallare le gambe, che devono essere tenute sollevate durante il riposo notturno.
Al bagno caldo è preferibile la doccia, che ha minori effetti termici sugli arti inferiori.
Importante è la cura dell’igiene, perché le infezioni possono determinare una riduzione della funzionalità linfatica e la risposta infiammatoria porta a un aumento del carico linfatico.
Per questo motivo non devono essere effettuati prelievi ematici e iniezioni sull’arto interessato e in generale occorre prestare attenzione a qualsiasi tipo di trauma (tagli, bruciature, punture d’insetto, graffi di gatto ecc.) e indossare guanti duranti i lavori domestici (dove è possibile l’azione lesiva dei detersivi) e il giardinaggio (Michelini et al., 2000); occorre evitare di camminare scalzi e prestare attenzione alla cura dei piedi, evitando che si formino soluzioni di continuo della cute.
In ambito preventivo un ruolo ha anche l’alimentazione, poiché l’obesità è un fattore di rischio per il linfedema, oltre a costituire un ostacolo al suo trattamento.
La prevenzione primaria è volta a ridurre l’incidenza del linfedema e viene applicata a soggetti non ancora colpiti dalla malattia.
Può essere effettuata già dal chirurgo prestando attenzione con l’incisione cutanea al decorso dei vasi linfatici, al corretto posizionamento dei drenaggi ma soprattutto utilizzando procedure sempre meno distruttive, come l’adozione della tecnica del linfonodo sentinella che dovrebbe diminuire i casi di linfedema post-mastectomia.
È prevenzione primaria anche l’individuazione precoce dei pazienti a rischio di sviluppare un linfedema primario, per il suo carattere di ereditarietà familiare (Benda et al.,1996; Benda, 1999), quelli a rischio di sviluppare un linfedema secondario post-chirurgico (Campisi e Boccardo, 1996; 2001; Bourgeois et al., 1998; Cavezzi, 2001; SIL, 2005).
La prevenzione secondaria mira a diagnosticare precocemente una malattia, nella sua fase iniziale, quando è ancora asintomatica, in modo da attuare gli interventi opportuni per evitarne la progressione. In realtà ciò risulta impossibile per una malattia quale il linfedema, in quanto è proprio un sintomo, l’aumento di dimensioni dell’arto, che consente di diagnosticarla.
Nel caso del linfedema la prevenzione secondaria coincide con quella terziaria: si attua quando il linfedema si è già manifestato, è volta a trattarlo il più precocemente possibile, a conservare i risultati ottenuti, a evitare le recidive e la sua evoluzione in senso fibrotico (o ridurne la consistenza), a limitare le complicanze e la disabilità che determina.
La prevenzione, in qualunque sua fase, si basa anzitutto sull’impiego di norme comportamentali e tutti i soggetti a rischio, sia di linfedema primario che secondario, devono ricevere tutte le informazioni necessarie.
Il paziente deve essere istruito su come riconoscere i segni precoci della malattia, sul ruolo importante che hanno le misure preventive, igieniche e alimentari.
Esistono varie norme comportamentali dettate più dal buon senso e dalla prudenza che da dati scientifici; si tratta comunque di norme che sin quando non ne sarà dimostrata l’inutilità è opportuno continuare a osservare.
Esse si basano sul presupposto che il sistema linfatico opera in una condizione di equilibrio precario, per cui ogni condizione che riduca la capacità di trasporto, aumenti il carico linfatico o agisca con entrambi i meccanismi, può alterare il quadro, dando l’avvio a un edema manifesto o al suo peggioramento (Rockson, 2001; Board e Harlow, 2002).
Per l’arto superiore sono da evitare, perché ostacolano il drenaggio, i rilevamenti della pressione arteriosa, anelli e/o bracciali, l’uso di reggiseno con spalline che comportino un’eccessiva pressione sulla regione sovraclaveare; sono da evitare, perché aumentano il carico linfatico, sforzi e/o attività che affatichino il braccio, esporsi a fonti di calore, l’uso di ferri da stiro a vapore per tempi prolungati.
Il ruolo dell’attività fisica nel favorire la comparsa o l’accentuazione di un linfedema è tuttavia oggetto di revisione (Lane et al., 2005).
Studi condotti su donne mastectomizzate, sottoposte a un programma di esercizi, non hanno, infatti, riscontrato una variazioni di volume sia in quelle con linfedema che in quelle senza linfedema (Harris e Niesen-Vertommen, 2000; McKenzie, Kaida, 2003).
Ciò nonostante non essendo noto il limite di sforzo fisico individuale che può essere tollerato, è opportuno continuare a usare cautela nell’uso dell’arto.
Altra buona norma è, durante la notte, mantenerlo possibilmente sollevato, e indossare il tutore elastocontenitivo durante i viaggi aerei e in tutte le condizioni a rischio.
Per l’arto inferiore è consigliato il cammino ma non la corsa, l‘uso della bicicletta, così come il rimanere fermi a lungo in stazione eretta.
Altrettanto da evitare sono la posizione seduta prolungata e l’accavallare le gambe, che devono essere tenute sollevate durante il riposo notturno.
Al bagno caldo è preferibile la doccia, che ha minori effetti termici sugli arti inferiori.
Importante è la cura dell’igiene, perché le infezioni possono determinare una riduzione della funzionalità linfatica e la risposta infiammatoria porta a un aumento del carico linfatico.
Per questo motivo non devono essere effettuati prelievi ematici e iniezioni sull’arto interessato e in generale occorre prestare attenzione a qualsiasi tipo di trauma (tagli, bruciature, punture d’insetto, graffi di gatto ecc.) e indossare guanti duranti i lavori domestici (dove è possibile l’azione lesiva dei detersivi) e il giardinaggio (Michelini et al., 2000); occorre evitare di camminare scalzi e prestare attenzione alla cura dei piedi, evitando che si formino soluzioni di continuo della cute.
In ambito preventivo un ruolo ha anche l’alimentazione, poiché l’obesità è un fattore di rischio per il linfedema, oltre a costituire un ostacolo al suo trattamento.